Il collagene è la proteina strutturale più abbondante nel corpo umano: garantisce elasticità alla pelle, resistenza a tendini, legamenti e ossa, e si riduce fisiologicamente con l’avanzare dell’età. Integrare peptidi di collagene idrolizzato — molecole frammentate e quindi più solubili — è diventato un gesto quotidiano per chi cerca benefici estetici o di supporto articolare. Le due fonti dominanti del mercato sono i bovini (pelli e cartilagini di bovino) e l’ambiente marino (pelli, lische e squame di pesce). Comprendere differenze biochimiche, nutrizionali, etiche e ambientali aiuta a scegliere con cognizione di causa.
Indice
- 1 Origine e processi di estrazione
- 2 Composizione amminoacidica e tipi di collagene
- 3 Peso molecolare e biodisponibilità
- 4 Sicurezza, allergenicità e normative
- 5 Sostenibilità ambientale
- 6 Percorsi culturali, religiosi ed etici
- 7 Prezzo e formato commerciale
- 8 Quale scegliere in base all’obiettivo
- 9 Conclusioni
Origine e processi di estrazione
Il collagene bovino deriva quasi sempre da bovini allevati per la filiera alimentare: le pelli vengono sgrassate, disidratate, demineralizzate e infine idrolizzate attraverso enzimi o acidi. Quello marino nasce invece da sottoprodotti dell’industria ittica, in particolare le pelli di merluzzo o tilapia; in molti casi l’estrazione avviene con tecniche di green chemistry che riducono consumo di acidi e di energia, trasformando uno scarto organico in ingrediente ad alto valore aggiunto. Entrambi i processi generano polveri bianche solubili in acqua calda o fredda, ma la materia prima incide sulla resa, sul costo e sulla sostenibilità complessiva.
Composizione amminoacidica e tipi di collagene
Il collagene bovino fornisce prevalentemente tipi I e III: il primo sostiene pelle, ossa e tendini, il secondo concorre all’elasticità dei vasi sanguigni. Il collagene marino è quasi esclusivamente di tipo I, lo stesso maggioritario nella cute umana. A livello pratico, entrambi contengono alti tenori di glicina, prolina e idrossiprolina, gli amminoacidi chiave per la sintesi endogena. Alcune analisi indicano però che il collagene di pesce ha un tenore leggermente inferiore di prolina, condizione che ne abbassa il punto di fusione; ciò spiega perché le sue polveri si sciolgono in acqua fredda più rapidamente rispetto a quelle bovine.
Peso molecolare e biodisponibilità
Le aziende che commercializzano “marine collagen peptides” sottolineano spesso il peso molecolare medio di 2–5 kDa, contro i 5–15 kDa registrati per molti idrolizzati bovini. Una dimensione più piccola facilita l’assorbimento intestinale: studi in vitro e piccolo‑clinici mostrano una cinetica leggermente più rapida per le di‑ e tri‑peptidi di origine marina, anche se gli effetti finali sulla pelle (idratazione, densità dermica) non differiscono sostanzialmente dopo otto‑dodici settimane di assunzione quotidiana. Ciò significa che l’eventuale vantaggio di biodisponibilità si traduce, più che in un risultato visibilmente superiore, in un minor dosaggio necessario per ottenere lo stesso beneficio.
Sicurezza, allergenicità e normative
Entrambe le fonti sono considerate sicure dagli organismi regolatori quando provengono da animali esenti da malattie e lavorati in stabilimenti certificati. Il rischio di BSE legato ai bovini è ormai remotissimo grazie ai protocolli post‑2001, ma resta percepito da parte dei consumatori. Con il collagene marino l’attenzione si sposta sui potenziali allergeni del pesce e sulla presenza di metalli pesanti: test di lotto e certificazioni terze (ISO 17025, Informed Sport) diventano garanzia di assenza di arsenico o mercurio. Le persone con allergia a crostacei e pesce devono preferire bovino; chi segue una dieta pescetariana o evita la carne sceglierà invece la fonte marina.
Sostenibilità ambientale
Sul piano ecologico, il collagene marino gode di un vantaggio intrinseco: recupera biomassa che altrimenti finirebbe come scarto, riducendo l’impatto complessivo della filiera ittica; alcuni studi LCA mostrano una minore impronta di CO₂ rispetto alle proteine derivate da allevamento terrestre. Il bovino, specie se non proveniente da animali da pascolo rigenerativo, implica un impatto climatico superiore (metano, consumo di acqua, deforestazione nei paesi produttori di mangimi). Tuttavia la disponibilità di pelli bovine è costante e locale in molti Paesi europei, riducendo emissioni da trasporto. Per chi attribuisce peso prioritario alla sostenibilità, la scelta marina risulta generalmente più coerente.
Percorsi culturali, religiosi ed etici
Da un punto di vista religioso, il collagene marino proveniente da pesci con pinne e squame è accettabile per la maggior parte delle certificazioni kosher e halal, e spesso viene venduto già con marchio OU o HCO. Il collagene bovino può anch’esso essere halal o kosher, ma necessita di controlli più stringenti sulla macellazione rituale e sull’assenza di lardo o derivati suini nella linea produttiva. In termini etici, chi segue un regime vegetariano o vegano dovrà comunque orientarsi su alternative fermentative (ancora costose e rare), perché nessuna delle due fonti è plant‑based.
Prezzo e formato commerciale
Il collagene bovino domina i volumi globali ed è quindi meno caro: in Italia un barattolo da 300 g di peptidi bovini costa in media 25–30 €, contro i 35–40 € del corrispettivo marino alla stessa grammatura. Il prezzo riflette la resa della materia prima e la domanda nel settore beauty, dove la narrativa “marine = premium” eleva il posizionamento. Entrambi esistono in polvere neutra, stick solubili, compresse o bevande pronte; il formato in polvere resta il più versatile perché si dosa facilmente (5–10 g/die) e si può aggiungere a caffè, smoothie o acqua.
Quale scegliere in base all’obiettivo
Per la pelle: chi desidera un peptide rapido da digerire, magari a dosi più contenute e con focus su bellezza cutanea, troverà nel collagene marino un alleato pratico e, se certificato, sicuro. Per le articolazioni: gli studi clinici sul collagene bovino abbinato ad esercizio fisico sono più numerosi e robusti, con benefici su dolore e funzionalità in soggetti con osteoartrite. Per chi pratica bodybuilding o sport di forza il bovino offre un rapporto costo‑proteina vantaggioso, mentre in chi è attento alla fluidezza in bevande fredde il marino si scioglie meglio.
Conclusioni
Non esiste un “migliore” valido per tutti: la scelta tra collagene marino e bovino dipende da sensibilità alimentari, priorità ambientali, budget e obiettivi di salute. Il marino spicca per biodisponibilità, neutralità di gusto e minor impronta ecologica; il bovino convince per prezzo, letteratura clinica su articolazioni e assenza di allergeni ittici. In entrambi i casi vale la qualità del prodotto: provenienza tracciata, analisi di contaminanti, certificazioni di processo e dosaggio costante nel tempo. Con queste attenzioni, il collagene — di qualsiasi origine — diventa davvero un investimento mirato a sostegno di pelle, ossa e cartilagini