La caparra confirmatoria, disciplinata all’articolo 1385 del codice civile, assolve a una duplice funzione: da un lato offre una garanzia di serietà dell’impegno contrattuale, poiché chi la versa dimostra di voler concludere l’affare; dall’altro prefigura un primo meccanismo risarcitorio, poiché le parti attribuiscono ex ante un valore economico all’eventuale inadempimento. A differenza della caparra penitenziale, che legittima il recesso libero contro la perdita della somma, la caparra confirmatoria opera solo in presenza di inadempimento colpevole e di non scarsa importanza. Il regime giuridico che la governa, pertanto, non può essere letto in modo avulso dalle norme generali sulla risoluzione, alle quali si collega in rapporto di specialità ma non di deroga, come ha ribadito la giurisprudenza di legittimità sin dalla pronuncia a Sezioni Unite n. 13533 del 2001.
Indice
- 1 Il recesso nel contesto del doppio inadempimento
- 2 La sentenza del Tribunale di Cagliari n. 2472/2022 come caso applicativo
- 3 Profilo probatorio e onere della documentazione
- 4 Effetti fiscali e restituzioni pecuniarie
- 5 Domande nuove, preclusioni processuali e strategie difensive
- 6 Conclusioni operative
Il recesso nel contesto del doppio inadempimento
Nella prassi non è infrequente che, dopo la stipula di un contratto preliminare, entrambe le parti si accusino di aver frustrato l’esecuzione del negozio. In tali ipotesi l’articolo 1385, secondo comma, non può essere applicato in via automatica: il giudice, chiamato a decidere sull’attribuzione o sulla restituzione della caparra, deve innanzitutto stabilire quale inadempimento abbia inciso in maniera determinante sull’interesse reciproco alla conservazione del rapporto, applicando i criteri degli articoli 1453 e 1455. La verifica richiede una valutazione comparativa delle condotte, che investe sia gli obblighi principali sia quelli accessori, poiché anche l’inosservanza di obblighi meramente procedimentali può in concreto vanificare l’utilità economica perseguita dall’altra parte. Solo all’esito di tale accertamento sarà possibile ritenere legittimo il recesso di chi invoca la ritenzione o la restituzione del doppio, oppure dichiarare che nessuno dei due inadempimenti ha carattere prevalente e convertire le domande in richieste risarcitorie fondate sul principio del concorso di colpa contrattuale.
La sentenza del Tribunale di Cagliari n. 2472/2022 come caso applicativo
Il Tribunale di Cagliari ha fornito un esempio didascalico di questo procedimento logico. La parte promissaria acquirente, invocando l’assenza di certificato di agibilità e l’altruità del bene, aveva dichiarato il recesso e chiesto la condanna della venditrice al pagamento del doppio della caparra. L’istruttoria documentale ha però dimostrato che la pratica di agibilità era stata avviata e che l’altruità dell’immobile era circostanza nota e accettata sin dalla proposta irrevocabile d’acquisto; inoltre non era ancora spirato il termine per la stipula del definitivo, nel quale tali profili avrebbero potuto trovare soluzione. A fronte di ciò è emerso, per contro, l’inadempimento grave dell’acquirente nel mancato versamento degli acconti. Il giudice ha quindi rigettato la domanda principale, accolto la riconvenzionale della venditrice, autorizzato il recesso di quest’ultima e stabilito il diritto a trattenere la caparra a titolo di liquidazione forfetaria del danno.
Profilo probatorio e onere della documentazione
Chi invoca l’articolo 1385 deve produrre prove rigorose sia della propria diligenza sia della colpa della controparte. La dimostrazione può fondarsi su documenti contrattuali, corrispondenza, ricevute di pagamento e atti amministrativi che attestino il corretto adempimento degli obblighi. In mancanza di un quadro probatorio completo, il giudice potrebbe qualificare gli inadempimenti come reciprocamente rilevanti, con la conseguenza di escludere la ripetizione o il raddoppio della caparra e di rimettere le parti allo strumento del risarcimento ordinario da determinarsi in separata sede.
Effetti fiscali e restituzioni pecuniarie
Laddove il giudice ordini la restituzione della caparra o la condanna al pagamento del doppio, occorre considerare il regime fiscale delle somme. La caparra confirmatoria non integra reddito imponibile al momento della sua consegna perché assolve funzione cauzionale; diviene però componente patrimoniale in caso di ritenzione definitiva o di condanna al doppio, incidendo sul regime di imposizione indiretta, in particolare sull’imposta di registro per la trascrizione della sentenza integrativa del trasferimento. Chi riceve il doppio deve inoltre valutare la propria posizione ai fini delle imposte dirette, poiché la somma può essere qualificata come risarcimento in senso stretto escluso dal reddito, salvo che sostituisca integralmente la perdita di utili.
Domande nuove, preclusioni processuali e strategie difensive
La vicenda esaminata dal Tribunale di Cagliari offre un monito processuale: introdurre in corso di causa, con le memorie ex articolo 183, sesto comma, una domanda di restituzione della caparra fondata su presupposti diversi da quelli dell’atto di citazione espone a dichiarazione di inammissibilità. La restituzione basata sul mutuo inadempimento integra infatti domanda nuova, perché presuppone fatti costitutivi differenti rispetto alla richiesta del doppio e comporta un mutamento del petitum e della causa petendi. È quindi essenziale che la parte attrice individui sin dall’atto introduttivo la fattispecie giuridica posta a fondamento della pretesa, mentre la parte convenuta dovrà valutare l’eventuale riconvenzionale di recesso o di risoluzione, producendo tutte le prove atte a dimostrare la gravità dell’inadempimento altrui.
Conclusioni operative
La restituzione della caparra confirmatoria non può essere decisa mediante un mero riscontro aritmetico di chi abbia o non abbia adempiuto; occorre un giudizio sostanziale sulla rilevanza degli inadempimenti alla luce dell’interesse contrattuale perseguito dalle parti. La disciplina speciale dell’articolo 1385 è quindi uno strumento potente ma inscindibile dai principi generali sulla risoluzione: solo chi dimostra di avere rispettato le proprie obbligazioni o di esserne stato impedito da un factum principis potrà trattenere o pretendere la caparra a titolo di liquidazione anticipata del danno. Altrimenti, il rischio è di vedersi negata non soltanto la ritenzione della somma, ma anche la tutela specifica del recesso, finendo per affrontare un contenzioso risarcitorio ben più oneroso.